Il congedo parentale è un baluardo di civiltà, ma davvero troppe sentenze ultimamente su questo strumento rischiano di creare una situazione convulsa.
Cerchiamo di fare chiarezza. Gli interventi continui della Cassazione sul congedo parentale nascono dal fatto che troppi li sfruttano per scopi diversi da quelli per i quali sono nati. La vita dei genitori è durissima e dunque sfruttare uno strumento giusto che nasce per venire loro incontro, soltanto per fare i propri affari ovviamente non può essere tollerabile moralmente e giuridicamente. In questa ordinanza numero 24.922 del 9 settembre 2025 la Cassazione interviene in modo molto netto.

Nel caso esaminato, un padre aveva chiesto alcuni giorni di congedo parentale per l’assistenza del proprio bambino di 3 anni. Ma il datore di lavoro, grazie agli investigatori privati, aveva scoperto che durante questi periodi l’uomo aveva aiutato la moglie nella gestione dello stabilimento balneare di famiglia e il piccolo era stato affidato a nonni e baby-sitter. Forte di questa documentazione fornita dagli investigatori, il datore di lavoro lo aveva licenziato. Ma vediamo cosa ha deciso la Cassazione.
Cosa ha deciso la Corte di Cassazione
Innanzitutto, la Corte ha ritenuto legittimo il ricorso all’investigatore privato, che oggi come oggi viene sempre più utilizzato. Le prove sono state accettate dai giudici e hanno dimostrato in modo chiaro e pacifico che l’uomo non si era dedicato al figlio. Ma la difesa del padre è stata altrettanto perentoria; infatti, gli avvocati del padre hanno sostenuto che lui stato lontano dal bambino soltanto in cinque delle 46 giornate complessive di congedo.

Per la Cassazione questo è stato assolutamente ininfluente; infatti, applicando rigidamente la regola, la corte ha stabilito che anche un utilizzo parziale del congedo di paternità per finalità estranee alla cura del bambino rappresenti comunque un abuso del diritto. Dunque, secondo i giudici, non conta la quantità di giorni ma il semplice fatto di aver dedicato del tempo, anche poco, all’aiuto della moglie.
Se questa sentenza applica correttamente il diritto, è da tenere presente che concretamente nelle famiglie, per star dietro al lavoro e alla cura dei figli, bisogna fare i salti mortali. Molto spesso aiutare la moglie non è un approfittarsi del diritto, ma fare comunque e indirettamente gli interessi della famiglia e dunque anche del figlio.
Certamente la sentenza della corte è da rispettare senza il minimo dubbio, ma non si ripeterà mai abbastanza quanto la vita dei genitori oggi sia realmente complessa.